mercoledì 11 settembre 2024

Due righe doverose

Non scrivo su questo blog da cinque anni.

Mi è capitato in questi anni di ricevere inviti ad interviste da parte di giornalisti di fama nazionale ed internazionale. E ho sempre declinato cortesemente.

Non è spocchia, non è mancanza di rispetto verso il giornalista, né voglia di sottrarsi a domande comode o scomode che siano. La verità è che dalle mie interviste rilasciate i primi tempi mi sono reso conto che "La morte è una cosa seria": Non è una battuta da saga di "Final Destination", non ho paura che qualche divinità dell'oltretomba si irriti per il tentativo di prolungare, eventualmente anche di molto, eventualmente anche all'infinito, la vita dell'essere umano. Figuriamoci, posso immaginare Ade con una ottantina di miliardi di anime (stime che sono state fatte su tutti gli esseri umani che sono trapassati sulla terra) quanto gliene può fregare se da un certo punto in poi non gli arrivassero più "utenti". A me preoccupa il fatto che c'è un profondo culturale attaccamento al concetto di mortalità, tanto forte che chiunque provi anche solo a proporre di riportare in vita qualcuno rischia di essere attenzionato da qualche psichiatra. Eh si, ci pigliano per pazzi a noialtri.

Ora, anche il giornalista più capace, fortemente convinto della bontà delle nostre tesi, (e sono certo che ve ne siano), nulla potrebbe con tutta la sua buona volontà e con tutta la potenza mediatica a disposizione contro quello che è un tabù granitico. L'omo deve morì.

La morte è un "business", e non parlo tanto del "complesso del becchino" citato spesso, proprio come esempio paradossale per indicare che non tutte le perdite di posti di lavoro sono una brutta cosa. Il "complesso del becchino" dice che se dovessero sconfiggere la morte (eh già) i becchini perderebbero il loro posto di lavoro, come a dire che non tutti i lavori se finiscono è male.

Non è questo il punto, anche se tra becchini, medici legali, fiorai, ma anche notai che conservano testamenti, sicuramente ci sarebbe parecchia gente che si intristirebbe. Il punto è che si tratterebbe del cambio di paradigma assoluto.

Le religioni esistono fondamentalmente perchè garantiscono già esse stesse in una forma o in un'altra, l'immortalità. Tant'è che parlando con qualche amico di profonda fede cristiana mi ha fatto notare che l'immortalità è vista come una "idea diabolica". Già perchè noi fin da quando abbiamo scoperto che moriamo (è stata una scoperta come il fuoco) abbiamo iniziato ad avere terrore della morte, o meglio, della fine di ogni percezione, il buio, il silenzio, l'assenza di pensiero, l'assenza di coscienza, l'immenso orrore che può essere lo "spegnimento". Ed al di là di un manipolo di convinti atei agnostici, la stragrande maggioranza dell'umanità, attraverso la Fede, spera di vivere in eterno sotto forma spirituale.

Quindi noi temiamo la morte, ma ci rassicuriamo sul fatto che si tratta di un "passaggio", di un cambio di forma, da materia a puro spirito.

Il problemino ino ino è uno solo, ed è insito nella più bastarda delle domande. E se.... siamo proprio sicuri che.... ?

Io beh un po' di Fede a modo mio ce l'avrei pure, ma come si dice, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Per cui io nel dubbio, ed il dubbio, perdonate la mia poca Fede ce l'ho, nel mio piccolo provo a fare quello che posso per vivere il più a lungo possibile. Quindi, riassumendo, io di rilasciare interviste sulla ibernazione di mia madre, ve lo dico col cuore in mano, non me la sento più. Si qui ho il numero di telefono, magari due chiacchiere possiamo farle, ma non me la sento di espormi, per non finire in pasto a coloro che da quest'orecchio non vogliono proprio sentirci.

Chi è "Immortalista" come il sottoscritto, in linea puramente teorica, dovrebbe essere apprezzato da tutti. In realtà la morte fa comodo a troppa gente, perchè fa schiattare il rivale, perchè se a qualcuno gli fai temere per la propria vita, quindi se gli incuti la paura della morte, riesci a fargli fare cose incredibili, per questo è il "business" che intendevo all'inizio. E' una consapevolezza disturbante, ma mi sono reso conto sulla mia pelle di quanto l'essere umano medio si sia convinto che la morte è un passaggio non semplicemente inevitabile, ma persino necessario. Allora, lasciateci pure tranquilli, continuate a pensare che siamo dei tipi stravaganti, con chissà quale trauma da elaborare (che magari è anche vero), ma visto che sono riuscito a costruirmi non senza fatica nella vita un mio nucleo di serenità familiare, vorrei evitare esposizioni mediatiche che possono rivelarsi dannose, malgrado, ribadisco, la possibile ottima volontà del divulgatore.

E poi io figuriamoci, sono veramente l'ultima persona che vuole stare davanti ad una opinione pubblica (al massimo davanti a qualche centinaio di follower su un social "da cazzeggio") basti pensare che ho pubblicato un romanzo sugli etruschi in cui il tema dell'immortalità è uno dei principali (eddai fammi fare il minimo sindacale di promozione) e ho fatto disperare il mio editore perchè mi rifiuto di partecipare a qualsiasi incontro. Che vi devo fare? Son fatto così.

Concludo questo articolo, dicendo che penso spesso, in modo alquanto naif, ingenuo, bambinesco, che siamo otto miliardi di cervelli, e se una tale portata cognitiva si impegnasse in studi e ricerche sulla salute, in qualche modo, cooperativo magari, seguendo dei modelli di cooperative learning, secondo uno schema di ricerca qualsiasi, a quest'ora altro che immortalità, eravamo già arrivati ai confini dell'universo. Ma siamo invece otto miliardi di menti, ciascuna per se, perchè ci siamo culturalmente e spiritualmente convinti che "la cosa PER ORA non ci riguarda, e quindi PER ORA non ci interessa".

Ma provate ad immaginare se tutti e otto miliardi venissero a sapere che un asteroide sta per arrivare sulla terra e distruggerà ogni cosa, e abbiamo un tot di tempo per fare qualcosa TUTTI ASSIEME. Chi tenterebbe di fuggire su un razzo, chi magari al culmine della disperazione, preso dal panico arriverebbe persino a togliersi la vita, ma sono convinto che la stragrande maggioranza fino alla fine proverebbe a studiare una soluzione, magari un megamissile, con un esplosivo di nuova concezione, con una potenza mai vista prima, chi studierebbe come fare un razzo grande, chi studierebbe sull'esplosivo, chi studierebbe una messa in sicurezza della popolazione mondiale in qualche modo.

Ebbene, l'asteroide c'è, si chiama "morte" l'unica cosa è che invece di spazzarci via tutti assieme nello stesso momento, ci prende un po' alla volta.

F.B.

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